Cara me,
ti sto scrivendo questa lettera il 9 giugno 2023, esattamente un anno fa. Non ho la più pallida idea del perchè lo stia facendo, presuppongo sia solo terribilmente annoiata. Sarebbe ipocrita chiederti se tu sia riuscita a sbarazzarti della sensazione cronica di avere continuamente un organo in cancrena nel tuo corpo in soltanto un anno. Ora come ora ho quasi la percezione che il mio corpo mi stia rigettando, che le cellule sul fondo della mia schiena, appena sopra il mio posteriore rabbrividiscano e cerchino il più possibile di prendere la distanze da quel sacco di carne che penso mio. Ogni anno mi do dei propositi che non riesco mai a rispettare, continuo a posporre tutti quei compiti che potrebbero farmi migliorare o che, perlomeno, mi facciano capire che questo non è un sogno che finirà presto ma che è il resto della mia vita. Non penso sarai guarita soltanto perchè non credo al concetto di guarigione, parlare di guarire sarebbe dire di avere qualcosa di sbagliato, una sorta di morbo maligno che mi rimarrà attaccato al corpo per sempre. Penso che tutto quello di cui abbiamo bisogno sia amore, cosa per me impensabile in quanto non penso di essere degna di niente. Forse è questo approccio che mi sta peggiorando l'esistenza, il pensiero continuo di dover migliorare; la vita è una, è vero, ma è da pazzi credere che io per aspettative sociali dovrò passare tutto il mio tempo a vedere del mio corpo solo le sue carenze. Mi sento molto triste e sola, tu conosci questa sensazione; mi sento talmente stanca da non sentire più il mio corpo, sento che non sarei mai dovuta nascere e anche lui lo sa e cerca di fare ammenda provando ad annientarmi in grosso ritardo. Vorrei essere divorata dall'umanità, vorrei che tutte le mie pene venissero espiate e che il mio corpo dilaniato e ormai candido potesse essere sepolto in una foresta per poter ridare alla natura tutto quello che io le ho rubato in 20 anni. Non so neanche se ci sarai ancora, molto spesso passo periodi molto brutti, se questa lettera non arrivasse a nessuno non me la prenderei comunque con te. Hai sopportato abbastanza e senti di essere ormai oltre tempo massimo, la nostra morte non rappresenterà per forza un disprezzo o un disinteresse per il mondo, spero infatti di poter tornare a vivere come una foglia o come il raggio di sole che scalda la guancia di un bambino il primo giorno di primavera, tornare a vivere come amore puro, senza nessuna consapevolezza e nessun dolore. Ti sto scrivendo in maniera molto arzigogolata e macchinosa forse perchè non so se i miei buoni propositi riusciranno ad essere percepiti dopo tutto quel tempo, forse perchè credo che di me resterà soltanto la mia possibile arte, in ogni caso prenditi cura di te stessa