Ciao Seb,
sono sempre io, l'unico corpo che impersona la mia coscienza e gli dà identità. Sono fermo in una specie di limbo, fatto di momenti di incomprensione, dove non è chiaro chi sono. Affondo nella vaghezza ma la cosa che mi rabbrividisce è sapere che ci sguazzo per bene, sapendo che è la strada migliore per affermare la fluidità di possibilità, quindi una sorta di libertà. No, non sono libero, credo di averlo ben capito, quando ti rendi conto che la maggior parte delle azioni, se non tutte, sono determinate da ciò che è la cultura, capisci che seguiamo davvero un filo, fatto dai limiti del nostro corpo, della mente e della società, sul corpo non si può fare molto per il momento, mentre per la società la puoi rifiutare ma poi ti subisci uno stile di vita lontano, complesso, verso cui non sono più abituato a causa della costante esposizione alla vita urbana. Visto che le mie scelte sono queste, la più serena e soprattutto più facile è la rassegnazione, non per forza drammatica e infelice, ma semplicemente la rassegnazione a ciò che la vita vuole offrire, continuare a inseguire sogni, come ci dicono di fare sempre, "viaggiate!", "godetevi la vita che siete giovani!", ma io non vedo tanto intorno a me, cioè lo vedo ma non ha soluzioni, è un semplice usufruire di ciò che mi circonda. Tutti grattano la pietra, chi con le unghie, chi col piccone e altri con una trivella. Prendiamo tutti dal mondo, senza ormai chiudere quel cerchio, ma non volevo parlare di problemi ambientali, anche se so quanto siano dolorosi. Bisogna mostrarlo al mondo quel dolore, esternarlo, così che qualsiasi entità lo senta e ci faccia sentire meno soli. Mi hanno detto di amare, ma io non ho ancora capito cosa significa, l'unica cosa saggia è stata lanciare l'amore nel cielo platonico e rendere quell'idea così dolce e sacra in alto, al sicuro e soprattutto irraggiungibile.
Sai mi sono ricordato di un sogno: ero in compagnia, c'era qualche amica, persone che mi piacevano, andavamo in un supermercato, davvero grande, non era in un luogo, c'era un parcheggio e sembrava uno di quei blocchi, stile ikea. Entriamo noi tre, forse c'era mia sorella, andiamo in un luogo più in basso e c'era una pista dove pattinare, ma non so per quale motivo ma non fu cosa, forse eravamo in ritardo, forse non potevo permettermelo, o ancora loro non potevano venire con me e non volevano aspettare, si mi sa che questa era la motivazione. Era blu, c'erano sbarre di metallo. Allora risaliamo con un ascensore. Fine.
Mi sono ricordato un altro sogno: ero con mamma e papà, che strano scriverlo, mi accompagnavano in una discoteca, ero solo, tutto scuro, luci neon, persone famose, tanti adolescenti, ma ero a disagio, mi preoccupavo dei miei capelli, non erano puliti... le ossessioni rimbalzano nella mente, non restano quiete.
Io allora vado a dormire, magari ti scriverò altre lettere
Sappi che ci sono sempre per te,
sii presente a te stesso
Seb